

Ciao, sono Simone Pennesi, ho 44 anni e vivo a Montegiorgio, un piccolo paese di 7000 abitanti nelle Marche, in provincia di Fermo. Per vivere lavoro nell’azienda di famiglia, dove mi occupo principalmente di lavorazioni al laser.
Ho iniziato a bere birra da giovanissimo: negli anni ‘90, nella mia zona, iniziarono a comparire le prime feste della birra e ad aprire i primi pub. In questo contesto ho cominciato ad apprezzare birre diverse dai soliti lager industriali disponibili nei supermercati.
Anni dopo, nella primavera del 2009, mentre ero al pub con degli amici, uno di loro mi parlò dell’homebrewing. Il mattino successivo, un sabato, ci siamo recati in un consorzio agrario della zona che vendeva materiali per l’homebrewing. Abbiamo acquistato due fermentatori in plastica, un densimetro, del metabisolfito di potassio e un kit di birra luppolata LAGER.
Non avendo un posto adatto, abbiamo coinvolto un terzo amico e utilizzato il suo garage, attrezzato con un bollitore a gas e molto spazio per conservare l’attrezzatura e le birre finite.
I primi kit erano al limite del potabile, ma, vuoi per orgoglio, vuoi per inesperienza, li bevevamo comunque soddisfatti. Dopo pochi mesi, avevo già letto tutti i libri disponibili sull’homebrewing, guardato tutorial su YouTube e mi ero iscritto a diversi forum.
Ho deciso di abbandonare i kit luppolati e passare all’all grain, ma i miei amici non erano d’accordo perché lo consideravano troppo impegnativo. Sono riuscito a convincerli a fare un passaggio intermedio utilizzando estratti non luppolati e poi l’E+G, molto in voga all’epoca.
Dopo un paio d’anni, quando mi sono trasferito con la mia compagna in una casa tutta mia, ho finalmente potuto passare all’all grain e creare le mie prime ricette.
Le birre inizialmente non migliorarono molto, perché non avevo una camera di fermentazione e i fermentatori erano lasciati in balia delle temperature di casa. Inoltre, la mia conoscenza delle materie prime era limitata e il mio impianto era rudimentale: due pentole con un rubinetto e un filtro autocostruito, il tutto bollito su un fornello domestico.
Tuttavia, tutto questo mi ha permesso di fare esperienza con le materie prime, le tecniche di produzione e la stesura delle ricette.
Nel tempo ho ampliato e migliorato la mia attrezzatura. Ho costruito una camera di fermentazione utilizzando un vecchio frigo e, con l’arrivo dei primi impianti AIO, ne ho acquistato uno, il Grainfather G30, che utilizzo ancora oggi. Credo di essere stato uno dei primi in Italia ad acquistarlo!
Nel tempo ho apportato alcune modifiche: ho sostituito la centralina, aggiunto un filtro esterno e qualche accessorio. Dopo oltre 200 cotte, il mio fidato Grainfather funziona ancora alla grande.
Durante il periodo COVID, ho studiato e iniziato a lavorare con la contropressione e l’isobarico, migliorando notevolmente le mie birre.
Oggi ho abbandonato la camera di fermentazione tradizionale e utilizzo fermentatori isobarici e non, controllati termicamente da Glycol Chiller. Questo mi permette di far fermentare più birre contemporaneamente e sperimentare diversi stili.
Per quanto riguarda l’imbottigliamento, utilizzo ICAN con una pompa di vuoto e ho iniziato anche a confezionare la birra in lattina. Quasi tutte le mie birre non sono rifermentate in bottiglia o lattina, ma confezionate già carbonate.
Per l’acqua, in passato sceglievo tra diverse acque minerali da supermercato a seconda dello stile da produrre. Da tre anni, invece, utilizzo un impianto di osmosi inversa, regolando il profilo dell’acqua con sali specifici.
Sei stato finalista del concorso MoBI: cosa ha significato per te questo traguardo?
Pur facendo birra da anni, mi sono avvicinato ai concorsi solo di recente, grazie agli amici homebrewer marchigiani del gruppo MCB.
Dopo alcune competizioni locali, ho partecipato al MoBI 2022, arrivando in finale. Nel 2023, pur ottenendo un ottimo punteggio di 19 punti, non sono riuscito a qualificarmi. Nel campionato 2024, invece, ho conquistato la finale all’ultima tappa. E la vittoria se permetti Simone.
In finale, ho presentato due birre: una Altbier obbligatoria e una a scelta. L’Altbier, stile che conosco bene grazie ai miei viaggi a Düsseldorf, non è venuta come speravo, ma si è classificata quarta per la giuria del concorso e addirittura prima per la giuria dei birrai.
Per la birra a scelta, ho discusso con un amico giudice e abbiamo optato per una Doppelbock, anche se con qualche variazione dallo stile classico.
Con i suoi quasi 9 gradi e un amaro più pronunciato, l’ho pensata per evitare la stucchevolezza tipica di alcune Doppelbock. I giudici l’hanno apprezzata, definendola una Doppelbock all’Italiana.
Hai in programma nuove birre o progetti legati all’homebrewing?
Vorrei dedicarmi di più alle birre wild e spontanee, un mondo affascinante che sto studiando.
Per ora, non ho intenzione di aprire un birrificio, ma mi piacerebbe realizzare collaborazioni con birrifici artigianali.
Che consiglio daresti a chi vuole iniziare con l’homebrewing?
Il mio consiglio per i principianti è studiare: oggi esistono molte fonti di informazione e attrezzature accessibili.
Bisogna procedere per gradi senza farsi distrarre da gadget inutili. Inoltre, è fondamentale assaggiare e condividere le birre con altri homebrewer per migliorare costantemente!