
Ciao Elia, raccontaci di te: Quando e come hai iniziato il tuo viaggio nell’homebrewing? C’è stato un momento particolare che ti ha ispirato?
Buongiorno, sono Elia Redolfi, nato il 23 agosto 1999 a Marano Vicentino. Riporto questo perché sono orgoglioso del mio paese e del suo terreno. La mia passione appunto nasce da questo. Da sempre appassionato della terra, delle piante e degli animali. Pure il mio soprannome di paese centra con esso e per il mio modo di essere, e cioè “PRIOTTO” (in italiano = pietra) quindi un elemento duro , fastidioso ma essenziale (questo soprannome lo porto con orgoglio e di fatti è presente come marchio in ogni etichetta di birra che produco e come nome della mia pagina Instagram dove riporto tutti i miei lavori).
L’indirizzo di studi superiori ed universitari non poteva essere altro che quello agrario e per “par condicio” quello alimentare.
Nello specifico la mia passione per la birra nasce nel 2021, in seguito ad un incontro con un mio cugino, Daniele Locallo (da allora Homebrewer) diplomato all’ ITIS De Pretto di Schio. In quell’occasione mi fece assaggiare le sue prime birre e questo scaturì in me un senso di sfida (nel senso buono, perché mi ispirò ad affrontare ed approfondire un nuovo ambito alimentare). Al tempo io ero un apicoltore hobbista e facevo anche del formaggio in casa.
Quindi mi dissi: “Elia…vuoi dirmi che tuo cugino sa fare la birra, che non si è mai appassionato in nulla che centrasse in qualche modo con la natura, e te ci sei da tutta la vita dentro non fai nemmeno la birra con tutta la passione che hai?”
E quindi la scusa iniziale era stata questa, ma quella successiva è stata quella (ancora prima di cominciare) di differenziarmi da lui con una materia che lui non si poteva autoprodurre come me, e cioè…il miele.
Così ad agosto 2021 mi procurai il primo impianto da 50L della KLARSTAIN e così cominciai le mie prime cotte.
Al tempo non avevano uno stile, non erano altro che malto di frumento o di orzo ammostato, luppolate a sentimento e con l’aggiunta di miele, temperatura e lieviti erano sempre le stesse o giù di lì, come mi aveva spiegato mio cugino.
Come potete immaginare, le mie prime birre le luppolavo con del luppolo selvatico raccolto lungo l’argine del torrente “Timonchio” che passa per Marano Vicentino.
Altro dettaglio del mio scopo iniziale, era quello di fare degli aperitivi con i miei amici degustando tutti i miei prodotti e quindi bere le mie birre al miele accompagnate dai formaggi che facevo. Anche se non avevano uno stile preciso, erano birre che si bevevano molto bene in buona compagnia.
Se dovessi descrivere il tuo stile di brewing in tre parole, quali sarebbero?
Nel tempo la mia idea di brassare è evoluta grazie al beer sommelier Gianmarco Scatigna (poi divenuto collega e amico), al tempo dipendente del Cutty Sark Pub di Marano Vicentino, che mi fece conoscere il vero mondo birra, facendomi scoprire vari stili, che al tempo ignoravo, e la loro storia e sentori.
Grazie a questa sua conoscenza mi ha reso un Homebrewer innovativo, curioso ed ecofriendly, ecofriendly perché sono sempre curioso di conoscere sistemi e materiali alternativi per svolgere le mie cotte con il reimpiego di scarti di altre lavorazioni alimentari o strumenti che sprecano meno risorse naturali.
Qual è stato il primo esperimento “pazzo” che hai fatto nella birrificazione domestica? È andato come previsto?
Nell febbraio 2022, dopo aver assaggiato alcune barley wine di degno rispetto, ne ho voluta riprodurre una diversa dal solito e soprattutto difficile a livello di Homebrewer.
Volevo una barley wine invecchiata in botte di rovere, ma a livello di costi e volumi era impossibile procurarmi una botte adatta a me, ma oltretutto non volevo una botte qualsiasi ma ne volevo una in cui fosse stato invecchiato del brandy.
Ma per esser ancor più insolito, desideravo fare un’American Barley Wine.
E così presi del brandy a casa dei miei nonni, era un “Napoleon francese di 40 anni” e misi in infusione dei chips di botte di rovere per un mese. Feci la cotta e dopo il primo travaso misi in infusione i chips al brandy ben sgocciolate.
Fu imbottigliata in bottiglie da 0,75 L con tappo in sughero e sigillato con della cera delle mie api colorata di rosso.
Con questa partecipai al mio primo e ultimo (finora) contest fra Homebrewer, durante il “Non solo birra festival diretto da Stefano Gasparini, ad ottobre 2022 a Marano Vicentino.
Con mio stupore lo vinsi e ancora tutt’ora, chi l’aveva assaggiata si ricorda di me con un’ottima stima. Era veramente fantastica.
Un’altra birra innovativa che posso menzionare è stata quella fare una birra con del mais Marano maltato in casa, anche questa ben riuscita e senza il possibile difetto delle birre con mais e cioè DMS.
Da sinistra si può notare il mais germogliato, che in seguito ho tostato e macinato come si può vedere nella foto centrale.
A destra invece si può vedere I miei primi prodotti, e cioè: dall’alto c’è una birra al miele, in centro la mia prima IGA e in basso birra al mais Marano.
Ancora un’altra birra che posso ricordare, un po’ insolita è stata quella di fare la mia prima birra a bassa fermentazione, una German pils ma con una mia rivisitazione dato che non amo la loro secchezza e quindi ho aggiunto dei fiori di sambuco per migliorare a mio piacere questo fattore. Posso ammettere che a causa di un errore di calcolo del priming mi ha portato a dei problemi di gushing e quindi anche una gasatura eccessiva.
Come trovi ispirazione per le tue birre più innovative? Parti da un ingrediente, da un’idea o da un tema?
Le mie birre, nascono da idee disparate, possono partire dal bere una birra in un pub e non averla mai riprodotta in casa o dal prendere questa e pensare di immaginarla migliorata e cercare di riprodurla, oppure possono essere l’utilizzo di ingredienti succedanei utilizzati in una birra assaggiata o una somma di questi, importati in una birra che avevo già in mente di fare, oppure, siccome io per ogni birra creo un’etichetta che riproduca in una rappresentazione o dello stile o l’origine o l’ingrediente principale di una birra. Può essere che alcune volte, prima parto dal creare l’etichetta e poi sulla base di questa ci creo la birra che ispira quell’etichetta.
Qual è l’ingrediente più insolito che hai mai usato in una birra? Qual è stato il risultato?
L’ingrediente più insolito utilizzato, come dicevo prima è stato quello di utilizzare del Mais Marano, malato in casa, ottenendo un ottimo risultato privo di difetti.
Hai mai cercato di combinare stili completamente opposti o poco ortodossi? Se sì, come è andata?
Non ho ancora avuto la possibilità di combinare stili diversi, ma solo utilizzato ingredienti diversi dello stile.
Qual è stata la reazione più sorprendente che hai ricevuto da qualcuno che ha provato una delle tue birre “non convenzionali”?
Come già in parte riportato nel punto 3, l’American Barley Wine fece scalpore tra gli Homebrewers, i beer sommelier e i mastri birrai che la assaggiarono durante il contest. Era la mia nona cotta.
Oltre ad essere felice di averlo vinto ero pure lusingato dai tanti complimenti e richiesta di scambio da parte dei birrifici presenti come i birrifici Trami e Basei con prodotti loro.
Usi strumenti o tecniche particolari che hai inventato o modificato? Se sì, quali?
Ancora non ho l’esperienza per poter dire di aver inventato tecniche o strumenti innovativi.
Quanto è importante per te il processo scientifico rispetto alla creatività artistica nella birrificazione?
Per me il processo scientifico è fondamentale, perché permette anche nel modo Homebrewer di utilizzare più materie prime, in modo più efficiente con meno sprechi, e può donare la possibilità di sentori nuovi. La creatività però è fondamentale per creare il legame con l’innovazione che senza di questa si creerebbero solamente birre con ingredienti rinnovati e non birre rinnovate. Quello che differenzia queste due è la capacità del birraio di amalgamare bene il vecchio con il nuovo.
Quali sono le sfide più grandi nel provare a creare qualcosa di veramente unico nel mondo dell’homebrewing?
Personalmente le 2 sfide più grandi per creare un prodotto innovativo sono:
- La grande partecipazione di birrifici e Homebrewer che magari hanno già avuto la tua idea e magari anche già riprodotta e sebbene vi siano una miriade di materie prime o stili ormai sono già stati usati e riprodotti molte varianti.
- La disponibilità economiche limitate per un giovane come me, che a causa della legislazione del proprio paese è impossibilitato di autofinanziarsi per progredire con strumentazioni più professionali e sofisticate che potrebbero agevolarlo nel progresso nel settore.
Credi che l’homebrewing debba essere più un’arte o una scienza? Perché?
Per me l’Homebrewer deve essere il connubio tra arte e scienza. Arte perché l’Homebrewer nelle sue birre deve trasmettere l’unicità della sua persona e scienza perché deve avere una cultura di baste sulla materia che si usa e su tutte le reazioni che avvengono, ma deve essere anche un artista-scienziato perché deve avere spirito di sperimentare, perché non tutto è scritto sui libri o in Internet. Insomma, per me un Homebrewer deve avere dei prodotti diversi dal quotidiano perché, se dovesse fare birra con lo scopo che a tutti debba piacere perché deve venderla a più persone possibili o perché deve avere un tornaconto economico a questo punto se fossi una persona esterna, sicuramente non prenderei una birra da lui, ma da un birrificio registrato che vive di questo perché la birra sarebbe uguale. Questo per dire che un Homebrewer usa la sperimentazione per capire la scienza non scritta e crea le sue birre come le vuole lui come un artista riporta in un quadro una raffigurazione di un qualcosa che solamente lui vede in quel modo.
Qual è il messaggio o l’esperienza che cerchi di trasmettere con le tue birre?
Il messaggio che voglio trasmettere con le mie birre è l’unicità di esse, oltre al fatto che per scelta non voglio mai rifare una cotta, perché sono così curioso di voler riprodurre ogni volta uno stile diverso che ce ne sono ancora così tanti da fare che non ho mai voluto ripetere uno, nemmeno per migliorarlo. Quindi le mie birre sono uniche perché non verranno più riprodotte o non ancora. Inoltre, sono un’esperienza perché non sono nemmeno la copia o una riproduzione di una birra già esistenti perché, se al massimo fossi ispirato anche da una birra, sicuramente uguale non sarà perché dentro essa c’è sempre una mia reinterpretazione che toglie, aggiungere o modifica un qualcosa per renderla unica e quindi bevendo le mie birre si beve un’esperienza.
Come gestisci il bilanciamento tra il rischio di fallimento e l’aspirazione di fare qualcosa di straordinario?
Io parto sempre dal presupposto di fare un qualcosa di straordinario, io voglio stupire e sconvolgere. Non mi è mai capitato di dover” lavandinare” qualche cotta perché imbevibile. Certo è capitato e capiterà ancora di accogliere indicazioni o suggerimenti per migliorare una birra, ma li prendo sempre come spunti o stimoli per accrescere la mia cultura. Non li prendo mai con delusione ma con tenacia.
Sono una persona sempre alla ricerca del nuovo e del diverso ed è normale che alcune volte posso non essere compreso o creare un qualcosa di effettivamente migliorabile.
Hai mai pensato di fermentare una birra in condizioni completamente estreme o in ambienti inusuali?
Non ho mai riprodotto birra con condizioni estremamente o inusuali.
Quali innovazioni tecnologiche o ingredienti pensi che plasmeranno il futuro dell’homebrewing?
Secondo me il mondo dell’evoluzione tecnologica dell’Homebrewer sarà l’utilizzo di materie prime selezionate e modificate in modo tale da esprimere sempre di più le loro caratteristiche organolettiche ed efficienza in birrificazione. Si dovranno sviluppare sempre più i prodotti gluten free per la sempre più maggior richiesta.
A livello i Homebrewer la lattina andrà sempre più in disuso, anche se effettivamente non è mai andata più di tanto.
Ti sei mai ispirato a culture lontane o antiche per sviluppare una ricetta?
Mi sono ispirato a culture lontane raccontandomi storie inventate da me, come:
Ho creato una IGA brettata. Ho immaginato la cultura vichinga, la immagino sporca/rozza e quindi che porta dietro di sé tutti i batteri e lieviti che porta in giro con la propria gente. E da qui ho pensato al brettanomyces. Poi me la sono contestualizzata in Italia, nell’epoca romana e quindi uva e vino. Ma il vichingo me lo immaginavo che bevesse birra. E quindi il connubio tra questi tre mi ha dato ispirazione alla mia “Brettami “e cioè una birra di base Pils (come le birre che mi ricordano la Germania o comunque nord Europa e quindi Vichinghi), con un 15% di mosto di uve miste (quindi Italia romani) e rifermentata in bottiglia con infezione di brettanomyces (e quindi di nuovo vichinghi). Un’altra birra, ispirata dall’idea che mi faccio di un ingrediente e che mi riconduce ad un posto o una cultura è stato proprio cello di utilizzare lo zenzero (che mi ricorda gusti asiatici) utilizzato in una season che è uno stile belga, e per enfatizzare i sentori e la grossolanità dello stile in origine, che appunto era la birra del contadino e quindi povera e grezza. Infatti, oltre a questo, ho immaginato che un povero contadino, che non poteva permettersi il luppolo potesse usare il ginepro per amaricare la birra e il miele per aumentarne il grado alcolico. E così anche questi altri due ingredienti li ho utilizzati per i motivi sopra riportati. Quindi si mi sono ispirato a culture antiche ma sotto il mio modo di vederle.
Infine, qual è il brindisi perfetto per chi assapora una delle tue birre?
W Priotto la birra che ha stravolto!
Ringraziamo Elia Redolfi per aver condiviso con noi il suo affascinante percorso e la sua visione unica dell’homebrewing. Le sue birre non sono solo bevande, ma veri racconti in bottiglia, frutto di passione, sperimentazione e rispetto per la natura. So per certo che hai un progetto per una birra particolare in cantiere, ma immagino che per ora tu voglia mantenere il massimo riserbo. Ne parleremo prossimamente.
Se volete seguire le sue creazioni, cercate “Priotto” sui social e preparatevi a scoprire un mondo di sapori e innovazione.
Grazie Elia e.… alla prossima cotta!