Bottiglia o lattina….. è una domanda che sempre più spesso mi pongo, nel mondo della birra artigianale italiana si sta appunto dibattendo su questa questione, è la domanda più ricorrente che si sente fare ai produttori è: “produci anche in lattina”, l’esperienza mi ha insegnato che la bottiglia e il contenitore migliore rispetto alla lattina per la nostra beneamata bevanda, o no! La mia però è solo abitudine e convinzione che non si basa da un confronto diretto tra i due contenitori ma piuttosto e frutto dell’abitudine.
Ultimamente mi sono dedicato personalmente al confronto tra le due alternative che sempre più il mercato Italiano offre, constatando che la lattina non influenza minimamente le caratteristiche organolettiche del prodotto in esso contenuto, anche perché l’evoluzione di questo semplice contenitore di alluminio e stata notevole, (pellicola inerte inserita all’interno delle lattine). Proprio per questo motivo ultimamente è tornato prepotentemente in dibattito che contrappone il vetro ad alluminio.
L’origine di questo cambiamento e sicuramente da attribuire ai produttori Statunitensi che all’inizio del nuovo secolo ne furono i precursori, da questo poi l’arrivo in punta di piedi nella vecchia Europa, con l’Inghilterra a fare da apripista.
Parliamo ora di vantaggi e svantaggi, confrontando i due “competitor”
L’alluminio offre molti più vantaggi rispetto al vetro: il confezionamento costa meno, lo stoccaggio e il trasporto sono più semplici, le lattine pesano meno, sono impilabili con facilità e meno ingombranti, proteggono al 100% la birra dalla luce e dall’ossigeno. Per contro, dal punto di vista ecologico, che per fortuna è sempre più importante, vince il vetro: entrambi sono materiali riciclabili, ma l’alluminio alla lunga si deteriora (alla fine non potrà più essere utilizzato per scopi alimentari) e il processo di creazione di una nuova lattina è più costoso. Se però mettiamo fra parentesi questo tipo di considerazioni e ci concentriamo sulla birra e la sua conservazione, la gara finisce in parità, ma il discorso non finisce qui.
La birra da quando esce dal birrificio a quando viene versata nel nostro bicchiere, deve fare i conti con due grandi nemici: la luce del sole e gli sbalzi di temperatura: meno ce n’è, meglio è. La lattina annulla i rischi legati alla luce, cosa che nemmeno il più scuro dei vetri può scongiurare completamente, ma è molto più sensibile agli sbalzi di temperatura. Facciamoci caso: per raffreddare una lattina ci vuole meno tempo, il che è un bene quando siamo nel bel mezzo di un party, ma è un male se pensiamo che l’alluminio è portato a scaldarsi altrettanto velocemente: un rischio tutt’altro che remoto durante il trasporto e la conservazione.
Altre due importanti considerazioni le dobbiamo fare. Intanto la chiusura ermetica di una lattina garantisce un’impermeabilità totale all’ossigeno, cosa che non è altrettanto certa nel caso del tappo a corona di una bottiglia: il dialogo con l’ossigeno dovrebbe avvenire solamente in procinto della bevuta. Inoltre, per quanto negli Stati Uniti ci siano esempi in controtendenza, in linea di massima il vetro sembra il materiale migliore per la rifermentazione in bottiglia, perché è indeformabile.
Consideriamo ora un punto che esula dagli ambiti analizzati finora, ma che potrebbe essere determinante per la scelta della lattina.
Il mondo della birra artigianale, con le sue varianti e sfaccettature, ha creato un mondo di estimatori che spesso si sfidano a colpi di competenza brassicola in materia di luppoli, malti, lieviti, stili e fasi di lavorazione, che premiano principalmente i produttori di qualità che sanno innovare e reinventarsi, stiamo assistendo ancora in modo pacato all’uscita dalla nicchia del vetro e di conseguenza l’adozione della lattina da parte di certi innovatori.
Al primo posto personalmente metterei lo storico birrificio sapientemente capitanato da TEO MUSSO, di BALADIN, seguito da LAMBRATE, MISTER B, BIBIBIR, BIRRA DEL BOSCO, LES BIERES DU GRAND ST. BERNARD, LA VILLANA, PICCOLO BIRRIFICIO CLANDESTINO, CANE DI GUERRA e CR/AK (birrificio dell’anno in carica).
Al di là dei pro e contro legati ai contenitori, se il mercato della birra artigianale si amplierà grazie alla lattina, allora difficilmente i produttori potranno resistere alla tentazione di abbandonare il vetro, o almeno di adottare entrambi i contenitori, magari per prodotti differenti.
Sottolineo comunque che nel 2010, le mie prime artigianali in lattina sono state: HOBO, BOOTLEGGER, DUDE del birrificio Italo-Svizzero BAD ATTITUDE dell’amico Lorenzo Bottoni, precursore almeno per quello che mi riguarda della birra in lattina nel territorio Italiano!
Detto ciò personalmente credo che la birra artigianale in lattina, sia il futuro e non una semplice moda del momento, le premesse ci sono tutte, ora sta ai nostri produttori scegliere quale strada intraprendere.