
Ciao Stefano, ti ringrazio per questa intervista, sono molto contento ed onorato di comparire nel tuo Blog. Mi presento: sono Biagio Jacopo La Perna, ho ventisei anni, sono nato e cresciuto in Sicilia e vivo in Veneto dal 2017. Ex studente di economia, ho iniziato a lavorare in una cantina vinicola dove mi sono fortemente appassionato al vino. Adesso pur continuando a lavorare in cantina ho deciso di iscrivermi al corso di laurea di enologia per proseguire con la mia carriera professionale. Ho iniziato a fare birra poco prima l’inizio del covid, dopo aver assaggiato alcune birre artigianali che mi hanno aperto un mondo nuovo, per me sconosciuto. Parlando con un amico che aveva esperienza con qualche kit mi sono deciso a produrla in casa.
Il tuo percorso nel mondo della fermentazione nasce dal vino oppure è stata la birra ad accendere la scintilla?
Allora diciamo che è nato tutto dal vino, ho iniziato a far birra avendo già una discreta esperienza con le fermentazioni, ma solo dopo è nata quella passione che mi ha portato a studiare a 360 gradi la produzione birraria e soprattutto con grande entusiasmo il metabolismo del lievito, passione che mi accompagna tutt’oggi nella produzione sia di vino che di birra.
Cosa ti affascina di più nella produzione di birra artigianale fatta in casa?
L’intero processo produttivo mi ha sempre affascinato, ma tra tutte le varie fasi della produzione è proprio la fermentazione che mi ha colpito di più. La fase della produzione che mi entusiasma di meno è l’imbottigliamento, cosa che abbiamo in comune con molti homebrewer.
C’è stato un momento o una birra che ha fatto scattare la voglia di iniziare a produrre da solo?
Ho voluto iniziare a produrre quando ho scoperto che si poteva fare in casa, non c’è stato un momento preciso. Tuttavia, mi ricordo bene quando ho assaggiato la mia prima American IPA. Subito dopo ho capito che la birra per come la intendevo io non era solo bionda o ambrata, ma era molto di più. Poco tempo dopo ho assaggiato anche una sour per la prima volta, mi ricordo bene anche quello, il primo sorso mi ha lasciato un po’ perplesso, ma dal secondo ho avuto la stessa sensazione di prima, quella di aver capito che la birra non era solo come la pensavo io.
Qual è stato il tuo primo kit o la tua prima cotta? La ricordi ancora?
Il primo kit è stato quello che ho comprato su birramia insieme a tutta l’attrezzatura per iniziare a far birra. Se non sbaglio, era una Pilsner o una helles. Quando è arrivato non stavo più nella pelle, non vedevo l’ora di produrre. Era estate, ero consapevole che fermentando a temperatura ambiente avrei sviluppato troppi esteri ed alcoli superiori, soprattutto utilizzando il lievito in dotazione del kit. Non sono riuscito ad aspettare, l’ho fatta comunque. Il risultato? Al limite della bevibilità per ovvi difetti fermentativi dati dalla temperatura non controllata. Ma questo non mi ha fermato, anzi mi ha fatto continuare con più entusiasmo. Dopo altri due tentativi con i kit sono passato al metodo E+G per altre due cotte prima di passare al metodo all grain.
Preferisci seguire ricette tradizionali o ti piace sperimentare con ingredienti particolari?
Mi piace produrre birre in perfetto stile BJCP, poche volte ho utilizzato qualche ingrediente particolare, come le fave di cacao e vaniglia in una Porter. Direi che preferisco una birra in stile piuttosto che una rivisitata con qualche spezia o altro ingrediente. Discorso diverso per le IGA; avendo a disposizione mosto fresco e di qualità soprattutto mi sono cimentato più volte nella produzione di Italian Grape Ale, sia con uva a bacca bianca che a bacca rossa, sia normali che wild/sour, utilizzando rigorosamente il mosto dopo la bollitura, in fermentazione, per non perdere gli aromi dati dal vitigno utilizzato, ottenendo risultati molto interessanti.
Quali stili di birra ti piace produrre di più? E quali ti danno più soddisfazione?
Le birre che amo produrre sono quelle luppolate (Neipa, American IPA, APA, Session IPA… insomma tutte le varianti dello stile), adoro l’aroma del luppolo, in particolare i luppoli del nuovo mondo, con i loro sentori agrumati e tropicali, alcuni che ricordano un buon Sauvignon! Anche le IGA, come dicevo prima, sono uno tra i miei stili preferiti, dove si incontrano le mie due grandi passioni, la birra e il vino. La Session IPA è sicuramente lo stile che ho brassato di più, provando sempre nuovi luppoli cercando l’equilibrio perfetto che pochi birrai riescono a trovare. Le birre che mi hanno dato più soddisfazione sono invece quelle scure, l’Irish Stout soprattutto. Ho avuto molti feedback positivi su questo tipo di birre. Dopo alcune prove e molto studio penso di aver capito bene come equilibrare l’amaro del luppolo con l’astringenza dei malti scuri.
Qual è l’aspetto più affascinante della fermentazione secondo te?
Assaggiare il mosto prima della fermentazione e la birra dopo ti fa capire quanti processi biochimici sono stati coinvolti per arrivare a quel risultato; il lievito è il protagonista e gioca un ruolo fondamentale, ma sta a noi gestirlo correttamente, garantendogli un giusto nutrimento, un ambiente idoneo ed una corretta temperatura per la sua crescita. Penso sia questa la cosa più affascinante, riuscire a controllare dei processi che non dipendono da noi, ma da dei piccoli microrganismi che certe volte fanno come vogliamo, altre volte sono meno prevedibili, ma il bello della fermentazione è anche questo.
Fai parte di qualche associazione brassicola o gruppo di homebrewers?
Da quattro anni sono socio della Brasseria Veneta, associazione molto conosciuta in Italia per il Wide Open e per l’Expo, ma anche per tante altre attività in tema brassicolo. Dopo essermi iscritto ho conosciuto tante persone che mi hanno aiutato nella mia crescita di homebrewer, dandomi preziosi consigli e facendomi capire gli errori che commettevo nella mia produzione casalinga. Durante l’anno organizziamo diversi incontri, sia online che in presenza, dove approfondiamo alcuni temi riguardanti il mondo della birra e facciamo degustazioni sia di birre prodotte dai birrifici che birre prodotte dei soci. Devo dire che ho imparato molto partecipando a questi eventi, parlando e confrontandomi con loro, assaggiando le birre di altri homebrewer, sia esperti che alle prime armi, e soprattutto mi sono sempre divertito molto.
Quanto è importante il confronto con altri homebrewers per la tua crescita?
Come dicevo è stato molto importante, non avrei fatto così tanta strada senza avere i consigli degli altri homebrewer. Imparare dai propri errori è una cosa fondamentale in qualsiasi tipo di crescita, sia per la birra che nella vita, e senza qualcuno in grado di farteli notare e di aiutarti nel correggerli ci può volere molto tempo prima di riuscire a superarli con successo.
Hai mai partecipato a concorsi di homebrewing? Se sì, quale birra hai presentato e con che risultati?
Ho iniziato a iscrivere le mie birre ai concorsi due anni fa, quando ero arrivato a produrre buone birre di cui ero soddisfatto. Il primo anno ho partecipato al concorso nazionale organizzato da MoBi, piazzandomi su due tappe: quinto (con una Irish Stout) e settimo (con una Sour IGA fermentata con Philly Sour e con mosto di Manzoni bianco). Ma purtroppo mi mancava l’ultimo piazzamento nei primi 8 per entrare in finale. Nell’ultimo campionato sono andato di nuovo vicino alla finale, prendendo un quarto posto con una NEIPA molto ben riuscita, essendo uno stile difficile da brassare, dove giocano diversi equilibri, e dove l’ossigeno è un nemico spietato. Ho partecipato anche al concorso organizzato dalla Brasseria, il Wide Open, anche se non fa parte del campionato italiano, è molto conosciuto ed ogni anno partecipano tantissimi homebrewer da tutta Italia; nell’ultima edizione sono arrivato primo nella categoria Sour con una Wild IGA prodotta insieme al mio amico Alessandro, utilizzando un blend di lieviti brettanomyces e mosto fresco di Traminer aromatico.
C’è una birra che hai prodotto che racconta un territorio o una stagione?
L’unica birra che ho prodotto che mi fa venire in mente una stagione è la Gose. Mi ricorda l’estate, forse mi viene in mente una delle prime volte che l’ho assaggiata durante una sera di luglio in un festival di birra artigianale, o forse perché l’ho prodotta (e bevuta) sempre e solo durante il periodo estivo, essendo una delle birre più rinfrescanti che ci siano, perfetta per le calde ed umide estati venete. Per le prossime produzioni birrarie ho in mente di fare una birra utilizzando solo ingredienti italiani, quanto più km0, cercando di valorizzare le materie prime, facendo emergere tutte quelle caratteristiche distintive del malto, del luppolo, dell’acqua e perché no anche del lievito prodotto localmente.
Parlami della tua attrezzatura
Per produrre utilizzo il Brewmonk, un all in one abbastanza classico direi, dotato di resistenza elettrica, termostato e pompa di ricircolo. Non sarà efficiente come un tre tini ma occupa poco spazio e per la mia produzione (di solito faccio 23 litri di mosto) va bene. Per lo sparge utilizzo una pentola da 15 litri in alluminio, la famosa “pentola del crucco”, utilizzata i primi tempi come pentola principale per E+G. Fermento in un all rounder, un fermentatore in plastica, e utilizzo una cellula di fermentazione a temperatura controllata.
Qual è la difficoltà più grande che hai incontrato nella produzione casalinga?
All’inizio durante la cotta, c’era sempre qualche piccolo problema o imprevisto che mi metteva un po’ in difficoltà. Adesso grazie alla conoscenza del mio impianto devo dire che riesco molto bene a gestire gli imprevisti che possono capitare durante la produzione del mosto. Nella fermentazione non ho mai avuto grandi difficoltà, grazie all’esperienza pregressa che avevo già; anche il passaggio all’isobarico, avvenuto dopo poche cotte in all grain, è stato abbastanza semplice lavorando tutti i giorni con prosecco e spumanti.
Se dovessi dare un consiglio a chi vuole iniziare a brassare in casa, quale sarebbe?
Il primo consiglio è quello di studiare. Penso sia fondamentale leggere un buon libro per imparare a produrre in casa. Io ho iniziato con il libro di Antonelli, “Fare la birra in casa”, secondo me uno dei migliori per chi vuole iniziare. Poi è molto utile leggere nei vari blog (Non Solo Birra in primis) per approfondire i vari temi legati alla produzione. Il secondo consiglio è assaggiare birre di altri homebrewers, in modo da prendere spunti, confrontarsi ed imparare dall’esperienza di altre persone.
Secondo te, cosa distingue una birra fatta in casa da una birra artigianale commerciale?
Penso che negli ultimi anni il livello delle birre prodotte da homebrewer sia salito di molto, grazie alla tecnologia e ai nuovi strumenti disponibili nel mercato. Sono sicuro che alcune birre prodotte in casa siano molto meglio di alcune birre prodotte in certi birrifici, e questo non lo penso solo io. La passione che alcuni di noi mettono nel nostro hobby ci porta a seguire ogni passaggio in maniera quasi maniacale, utilizzando le migliori materie prime, cercando di limitare il più possibile l’ossigeno e stando attenti a qualsiasi dettaglio, cosa che alcuni birrai, pur avendo attrezzature all’avanguardia, non riescono sempre a fare.
Cosa significa per te produrre birra in casa oggi, in un momento di grande fermento per la birra artigianale?
Negli ultimi anni sono nati tanti homebrewer, grazie soprattutto alla birra artigianale, sempre più presente nei pub e nei ristoranti. Oggi, secondo me, produrre in casa significa creare, sperimentare, fare qualcosa frutto delle nostre mani, un qualcosa che molti reputano difficile se non addirittura impossibile da realizzare senza avere un impianto di produzione professionale. Oggi vedo tanti homebrewer che si divertono a produrre birre, molti con il desiderio, un giorno, di far diventare questa passione un lavoro, aprendo un proprio birrificio.
Se dovessi descrivere la tua filosofia brassicola con tre parole, quali sceglieresti?
Le tre parole che sceglierei sono: passione, studio e sperimentazione. La prima, secondo me, è la più importante: senza la passione, non c’è la forza di continuare e si molla alla prima difficoltà. Lo studio e la conoscenza sono due cose fondamentali per crescere nella produzione birraria; ho letto e leggo tuttora libri, riviste ed articoli su internet per cercare di migliorare le mie birre. La sperimentazione penso sia la cosa più divertente nella crescita di un homebrewer. Per sperimentare non intendo solo utilizzare ingredienti stravaganti, ma provare un nuovo malto, un nuovo luppolo, cambiare il lievito, fare un blend di lieviti, cambiare le caratteristiche dell’acqua, fermentare a un grado in più o in meno… insomma, tutte quelle piccole cose che cambiano il risultato finale e rendono la birra un qualcosa di personale.