A rispondere alla nostra intervista è Edik Lunardi, fondatore del marchio brassicolo Hopocalypse Brewing. Con alle spalle oltre dieci anni di esperienza come publican e homebrewer, Lonardi ha trasformato la sua passione per la birra artigianale in un progetto imprenditoriale concreto. In questa conversazione ci racconta la nascita di Hopocalypse, le sfide di una beer firm indipendente e la sua visione sul futuro della birra artigianale in Italia.
Come nasce Hopocalypse Brewing? Può raccontarci la sua storia personale e cosa l’ha spinta a fondare questa beer firm?
Sicuramente con la “noiosa” ma per noi del settore appassionante gavetta nel mondo dell’homebrewing. Inizio ad appassionarmi di birra artigianale nel 2012 e, come in tutto quello che faccio nella vita, ho voluto vederci chiaro: libri, assaggi frequenti e blog vari mi hanno aiutato a costruire la mia cultura su questo vasto mondo. Dopo circa dieci anni di lavoro nel settore come publican e homebrewer mi sono reso conto che il salto era breve (ma costoso).
Qual è stato il momento decisivo che ha trasformato una passione in un progetto imprenditoriale concreto?
Ho avuto la fortuna di aprire due locali, dal 2014 a oggi, incentrati sulla birra artigianale. Con la pandemia del 2020 e più tempo libero, ho accelerato molto sulla produzione casalinga affinando ricette e tecniche. Nel 2022 ero vicino ad aprire un birrificio personale ma, vista l’incertezza del momento, ho preferito partire con una beer firm. Così, a gennaio 2023, negli impianti del birrificio agricolo Brew Gruff di Villafranca di Verona, è iniziata l’avventura Hopocalypse Brewing.
Perché il nome “Hopocalypse”? C’è un significato dietro questa scelta?
Il nome nasce da un consiglio di Fabio, allora mio dipendente al beershop. Visto il periodo storico di sempre imminente “apocalisse”, ho deciso di farlo mio e renderlo il simbolo di un progetto di rottura e creatività.
Quali valori guidano la produzione delle vostre birre?
La filosofia è semplice: birre buone, facili da bere, capaci di piacere a più persone possibili, sempre con le migliori materie prime disponibili sul mercato nazionale ed estero. Molte ricette arrivano dall’esperienza in homebrewing, altre nascono direttamente in birrificio.
C’è uno stile che sentite più rappresentativo o amate spaziare?
Abbiamo superato le 12 etichette tra continue, stagionali e collaborazioni. Sentiamo di poter affrontare la birra a 360 gradi, dalle classiche lager agli stili più moderni.
Qual è il rapporto con il territorio?
Produciamo in un birrificio agricolo: la quasi totalità del malto d’orzo chiaro (pils) proviene dai campi a pochi chilometri dal birrificio, poi maltato in Italia. Un legame forte e concreto con la filiera agricola.
In quanto beer firm, come scegliete i partner produttivi?
Collaboriamo esclusivamente con Brew Gruff, dove possiamo gestire al 100% le nostre ricette, dalla produzione del mosto alla fermentazione e al confezionamento.
Come nasce una vostra birra, dal concept al prodotto finale?
Dipende dal risultato che vogliamo ottenere. Le etichette storiche sono rivisitazioni personali di birre internazionali, mentre per le nuove creazioni partiamo da zero. Dopo la stesura della ricetta e la ricerca degli ingredienti, produciamo il mosto e parallelamente sviluppiamo la grafica con un designer di fiducia. Una volta conclusa la chiarifica a freddo, procediamo al confezionamento.
Ci sono tecniche particolari o processi innovativi che adottate?
Utilizziamo tecniche moderne, le stesse che ogni buon birrificio oggi adotta. Non abbiamo inventato nulla: abbiamo solo imparato dai migliori.
Qual è la birra simbolo di Hopocalypse Brewing?
Non c’è una birra simbolo: tutte sono frutto dello stesso impegno e filosofia. Le amiamo tutte senza distinzioni.
Qual è stata la birra più difficile da realizzare?
Le più complesse sono sicuramente le luppolate moderne: bilanciarle al primo colpo è difficile, con i tanti passaggi di luppolo a caldo e a freddo. L’obiettivo è evitare “minestroni” e mantenere sempre bevibilità e gradevolezza.
Avete ricevuto feedback particolarmente significativi?
Il riconoscimento più importante arriva dai clienti: chi riordina con piacere, che sia un privato o un pub. Sapere che i prodotti sono costanti e stabili lotto dopo lotto è la soddisfazione maggiore.
Quali sono i vostri obiettivi futuri? Aprire un impianto vostro è nei piani?
È una domanda che mi fanno spesso, ma la risposta oggi è “no”. Non per mancanza di volontà, ma perché la crescita del settore e la situazione economica nazionale non permettono di affrontare con serenità un investimento così importante.
Ci sono nuove collaborazioni o stili che esplorerete?
Non voglio spoilerare nulla, ma ci saranno sempre novità per i nostri clienti affezionati.
Come vede il futuro della birra artigianale in Italia e che ruolo vuole avere Hopocalypse?
Purtroppo la vedo grigia. Le cause sono molte, dalla mancanza di una comunicazione seria su larga scala al fatto che le nuove generazioni spesso rifiutano le bevande alcoliche, anche quelle a medio-basso grado come la birra. Ci dimentichiamo che la birra è stata un motore della socialità nei secoli scorsi e potrebbe esserlo ancora, se consumata con moderazione e consapevolezza.
Ringraziamo Edik Lunardi per aver condiviso con noi la sua visione, la sua storia e la filosofia che anima Hopocalypse Brewing. La sua passione per la birra artigianale, unita a un forte legame con il territorio e a una costante voglia di sperimentare, ci racconta di un progetto giovane ma già maturo, che ha saputo trasformare una passione personale in un percorso imprenditoriale concreto. Non ci resta che attendere le prossime creazioni di Hopocalypse e augurare a Edik e al suo team di continuare a scrivere questa “rivoluzione luppolata” con lo stesso entusiasmo e la stessa determinazione che hanno guidato i primi passi.
