Amici di Nonsolobirra.net, benvenuti! Oggi affrontiamo un tema caldo che agita il mondo della birra artigianale italiana, un vero e proprio “paradosso luppolato” che merita di essere svelato.
Immaginatevi questo: negli ultimi anni, il numero di birrifici artigianali è esploso, un vero e proprio “boom” di nuove realtà, con un aumento stimato del 30%! Sembrerebbe una festa senza fine, vero? E invece, la sorpresa amara è che i consumi complessivi di birra, craft inclusa, sono calati di circa il 10%. Insomma, sempre più birrifici, ma meno birra bevuta. Che succede?
Questo apparente controsenso, come ci ha fatto notare Piero Totis del birrificio Dimont, non è colpa di un solo fattore. È un groviglio di ragioni, che vanno dall’eccessiva “fissa” per la tecnica alla mancanza di una strategia di marketing che sappia parlare davvero al cuore (e al palato) di tutti. È ora di smettere di guardare solo al nostro boccale e iniziare a capire cosa vuole il mercato!
Spesso ci lasciamo ingannare dal gran “casino” sui social e dai media che parlano di birra artigianale. Sembra che sia tutto rose e fiori, ma attenzione: il fatto che ci siano tanti nuovi birrifici non significa che stiamo bevendo più birra.
L’aumento dell’offerta è spinto da una miriade di micro-birrifici che, pur essendo tanti, producono pochissima birra ciascuno. Questo fa gonfiare il numero di birre diverse che troviamo in giro, ma i litri totali bevuti rimangono gli stessi, o addirittura calano. È un po’ come avere tantissime figurine diverse, ma sempre lo stesso album. Questa “novità” attira i super-appassionati, ma non riesce a far innamorare il consumatore “normale” a lungo termine.
Se prima la birra artigianale “rubava” clienti alla birra industriale, oggi la lotta è su altri fronti:
• Guerra tra birrifici: La competizione più accesa è all’interno del mondo craft, dove troppi birrifici si contendono gli stessi (pochi) clienti già conquistati. Una vera e propria “guerra di quartiere”.
• Nemici inattesi: La vera minaccia non arriva più solo dall’industria, ma da bevande “di qualità” che hanno saputo evolvere. Pensiamo all’esplosione del vino naturale, ai cocktail d’autore (la “mixology”) o al cibo che si abbina benissimo ad altro, non per forza alla birra.

Per tornare a crescere, dobbiamo cambiare il modo in cui parliamo della birra. Siamo troppo “birra-centrici” (pensiamo solo alla birra) e poco “mercato-centrici” (pensiamo al cliente).
Molti birrifici, in buona fede, usano un linguaggio troppo tecnico. Parlano di IBU, dry-hopping, lieviti strani… termini che capiscono solo gli “smanettoni” della birra. Danno per scontato che il consumatore medio conosca queste cose, ma la verità è che non le conosce e, spesso, non gli interessano.
Il vino ha un vantaggio storico: in quarant’anni ha imparato a vendere storie, territori, uno stile di vita e delle emozioni. Anche i vini più complessi vengono raccontati in modo emozionante, con prezzi e occasioni d’uso ben definiti. La birra artigianale, invece, fatica a uscire dalla sua nicchia “da intenditori”.
Un altro freno è il prezzo. Spesso la birra artigianale è percepita come molto cara, rischiando di diventare un prodotto da “occasione speciale”. Questo limita il consumo quotidiano o settimanale, a differenza di quanto succede con la birra industriale o il vino di fascia media.
Per sbloccare la situazione, dobbiamo puntare a conquistare la “massa”, non solo a coccolare i pochi super-esperti.
La comunicazione deve parlare di “benefici”. Invece di dire “Triple IPA con luppoli Galaxy e Mosaic”, dovremmo dire “Birra intensa e corposa, perfetta per una cena di carne” o “Freschezza e sostenibilità in ogni sorso”.
Il nostro obiettivo non è più solo l’appassionato, ma il bevitore di birra industriale premium (che cerca qualità senza i tecnicismi) e chi beve vino o cocktail (che cerca un’esperienza diversa).
Negli Stati Uniti, la birra artigianale ha una quota di mercato del 17%! Non è un caso, ma il risultato di una strategia ben precisa:
• Qualità costante: I birrifici di successo hanno garantito qualità su grandi volumi e hanno puntato su stili più facili da bere (Lager artigianali, Pale Ale pulite).
• Conquista del supermercato: Hanno reso la birra artigianale un prodotto di qualità “mainstream”, conquistando i supermercati con prodotti facili da trovare e un’immagine accattivante.
Storie e emozioni: Hanno investito su etichette e nomi semplici, diretti e capaci di raccontare storie che creano un senso di appartenenza o di identità locale.
In poche parole, cari amici di Nonsolobirra.net, la vera crescita del settore artigianale italiano non arriverà da mille nuove birre esotiche, ma da un cambio di rotta profondo. Dobbiamo mettere il consumatore al centro, smettere di parlare solo di luppoli e lieviti, e iniziare a parlare di esperienza, emozione e birra accessibile a tutti!
