Buongiorno Stefano, è un piacere discutere e raccontarti la mia riguardo la nostra comune frizzante passione!
Ciao Gian, raccontami e raccontaci come nasce questa tua devozione verso il mondo brassicolo?
Nasce in Belgio circa 15 anni fa. Al tempo le birre che si trovavano in commercio nei supermercati erano di matrice filo-tedesca e soprattutto industriali; ovviamente al tempo non sapevo quasi nulla sulla birra, mi limitavo solo a berla. Le classiche Lager chiare non mi andavano a genio perché troppo amare per me, ma ecco ad un tratto piovere su di me le prime Leffe, McChouffe, Cuvèe des Trolls ecc.
È stata un rivelazione. Non avevo solo capito che esisteva un intreccio molto più fitto di quanto mi sarei mai atteso, ma ho anche iniziato a spaziare negli stili. Detto che ho sempre bevuto le Lager scure quali Schwarz, Bock e Dunkel, dopo gli stili belgi ho metaforicamente attraversato la Manica arrivando nel Regno Unito.
Ricordo ancora le prime Porter e Stout, per le quali tuttora ho una venerazione, soprattutto nelle loro versioni Imperial! Ho poi esplorato il microcosmo IPA, gli stili americani, le birre acide Lambic e Sour e alla fine, ma solo alla fine, mi sono gettato a capofitto nell’artigianale nostrano.
Solo ai nostri birrai e solo grazie a loro, mi sono ravvicinato alla Lager chiare: devo ringraziare il birrificio tedesco Weissenoher e soprattutto Agostino Arioli (Birrificio Italiano), Emanuele Longo e Fulvio Nessi (Birrificio Lariano) se al giorno d’oggi riesco a bere Pils, Helles e Keller. Fondamentali per la mia esperienza sono stati i corsi con Fermento Birra e quello ufficiale di I livello di UnionBirrai, e la collaborazione istituita con Stefano Righele e Luca Fontana, fondatori dell’ex beer shop Birra Life, verso i quali sarò sempre debitore.
Qualche anno fa ho istituito un piccolo ufficietto di degustazione nella mia cantina, denominata scherzosamente “Cesa di San Luppolo Martire”, nel quale, oltre a degustare birre da tutto il mondo con un particolare e focalizzato occhio sul craft italiano, tengo tutte le bottiglie e le lattine bevute.
Per quanto riguarda il dibattito artigianale versus industriale… È pur vero che personalmente parto dal presupposto che se una birra è buona, resta tale, ma d’altronde è altrettanto vero che la qualità dell’artigianale difficilmente si batte anzi, quasi mai direi. Ci sono pochissime birre industriali che ancora oggi mi piace bere, ma non certo le più famose (che di questi tempi ci martellano costantemente le tempie promettendoci una bevuta appagante…) perchè di qualità pessima.
Aggiungo inoltre che pastorizzare e filtrare ritengo siano crimini contro la birrificazione, soprattutto nel caso in cui ciò venga fatto per ottenere un prodotto finale limpido: bene, una birra limpida personalmente mi irrita. Grazie a questa mia passione, oggi ricopro la carica di Craft Beer Specialist al Cutty Sark, il pub in stile scozzese di Marano Vicentino (VI).
Non ho certo l’ambizione di assaggiare tutte le birre del mondo, ma di rendere sempre più solida attraverso i continui assaggi e confronti, una coscienza critica che faccia distinguere una birra buona da una che non lo è, ma soprattutto, una birra in stile (buona o meno) da uno che non lo è (buona o meno).
Ritengo la bevuta un’esperienza culturale, frutto di colui/coloro che l’ha/l’hanno prodotta, dunque prediligo le birre complesse. Non mi riferisco solo alle Imperial di varie sfumature a cui accennavo prima, ma anche Old Ale, Barley/Wheat/Rye Wine, Quadrupel, Lambic, Flemish Sour Ale… Con ciò non sto sottintendendo che anche una German Pils non possa essere un’esperienza anzi! Una bevuta soddisfacente come quella si può riscontrare in gran poche birre, checché ne dicano i gusti personali… Sto solo dicendo che ci sono Pils e Pils… E purtroppo l’industria non produce buone Pils, il che è un gran danno considerando che questo stile risulta uno tra i più bevuti se non il più bevuto tra le persone. A mio avviso ciò pregiudica, con l’aggiunta di puerili quanto inappropriati pregiudizi, l’assaggio di birre diverse dalla classica “bionda”: concludo dicendo che spesse volte, al pub, mi si richiede una “bionda media”. La cosa a posteriori non mi irrita per mancanza di cultura, ma molto più banalmente, perché mi rifiuto di voler credere che la gente, dinnanzi a 10 spine diverse, richieda sempre quella.
Ne approfitto per ricordare a costoro che osterie sono sempre aperte…
Bene, Gianmarco è stato un piacere scambiare con te quattro chiacchiere e condividere con i lettori di nonsolobirra la tua passione per la birra, colgo l’occasione per ricordare che periodicamente al Cutty Sark vengono organizzate serate di degustazione in abbinamento denominate CRAFT IS BETTER.