La lattina è un contenitore, generalmente di tipo alimentare che può essere costituito da diversi materiali “alluminio o lamiera di ferro stagnata”
Nei primi anni del novecento l’utilizzo della lamiera di ferro stagnata ha determinato il suo nome in italiano, infatti “lattina” deriva direttamente dalla parola “latta”, nome della lamiera che univa le proprietà di robustezza del ferro e le capacità di resistere alla corrosione dello stagno.
Se oggi possiamo “scolarci” una birra in lattina dobbiamo dare merito a un piccolo birrificio di Newark nel New Jersey.
Nel 1935 è più precisamente il 24 gennaio “77 anni fà”, la Gottfried Krueger Brewery (Gkb) mise in commercio le prime birre in lattina a Richmond in Virginia.
Nello spazio di pochi mesi questa novità riscosse un tale successo da “contagiare” e conquistare altri 37 produttori negli Stati Uniti.
I primi tentativi di costruire le lattine avevano avuto luogo nel lontano 1909, ma non avevano condotto da nessuna parte.
La birra non si adattava particolarmente bene al nuovo involucro perché il contenuto eccessivo in anidride carbonica “CO2” faceva letteralmente esplodere le sottili giunture di latta.
La soluzione arrivò solo nel 1933, quando vennero realizzate nuove latte che non esplodevano né rilasciavano ioni metallici all’interno del liquido.
Fu così che la Gkb scese a patti con la American Can per installare una linea di produzione sperimentale.
L’accordo prevedeva di installare gratis un impianto per l’inscatolamento in lattine: il birrificio avrebbe ripagato le spese anticipate dalla American Can solo se il business delle nuove confezioni fosse stato un successo.
Per risollevare la situazione ci voleva giusto la birra in lattina.
Dopo che l’American Can ebbe sviluppato un processo di rivestimento che rinforzava l’interno della confezione, la Gkb produsse una prima partita di 2000 pezzi da far testare nel 1933 a un panel di buongustai.
Il responso fu promettente: il 91% dei partecipanti aveva apprezzato il gusto della birra.
Non a caso, la principale delle preoccupazioni era quella che i clienti percepissero i prodotti in lattina come di serie B rispetto al vetro.
Finalmente, il 24 gennaio del 1935 le lattine della Gkb fanno il loro esordio sul mercato.
Sarà un successo senza pari, sebbene già un anno prima i giornali avessero liquidato la storia delle nuove confezioni dicendo che non sarebbero mai riuscite a rimpiazzare le bottiglie.
Eppure, i nuovi contenitori erano ideali per il trasporto, oltre a essere più economici e sicuri del vetro.
Gli altri birrifici fiutarono subito l’affare e si misero sulla scia dei pionieri della latta.
Così, entro la fine del 1935, negli Stati Uniti se ne erano già venduti 200 milioni di pezzi.
Con il passare degli anni, le lattine hanno subito diverse modifiche, a partire dal sistema di apertura.
In origine, la sommità delle latte era completamente ermetico e per aprirla c’era bisogno di praticare un buco servendosi di una sorta di punteruolo.
Le cose cambiarono agli inizi degli anni ’60, quando Ermal Fraze introdusse l’apertura a linguetta verso l’esterno (esatto, quella che procura un mucchio di tagli sulle dita).
L’apertura a pressione verso l’interno – più sicura, anche se meno igienica – venne introdotta dalle bibite Pepsi solo negli anni ’70.
Lattina = Bassa qualità?
Sfatiamo questa falsità:
Innanzitutto, la birra in lattina è semplicemente conservata come una birra alla spina in un fusto più piccolo; solo, più ermeticamente.
Il rivestimento delle pareti dell’uno e dell’altro contenitore in metallo sono trattate in modo che neanche una goccia di birra entri in contatto con le superfici.
La birra in lattina, per tanto, non sa di metallo quanto non ne sa quella alla spina.
La lattina, inoltre, non protegge la birra solo dall’ossigeno, come vantaggio rispetto alla spina, ma anche dalla luce, e questo è un vantaggio rispetto alla bottiglia di vetro, tanto osannata dagli “esperti”.
Altrimenti, perché tanti eccellenti produttori artigianali di birra ne distribuirebbero tanta in lattina? In Italia per il momento nessun birrificio sta utilizzando la lattina, mentre in Svizzera e precisamente al birrificio Bad Attitude del amico Lorenzo Bottoni la cui filosofia fa appunto della lattina il suo fulcro, è stata introdotta circa un anno fà.
Dalla fine dell’ottocento le metodologie di costruzione si sono man mano evolute e siamo arrivati ai giorni odierni, dove è possibile costruire contenitori robusti e resistenti capaci di mantenere pressioni elevate con solo 13 grammi di alluminio (una normale lattina contenente una bibita gassata da 33 cl.).
Le più diffuse lattine per bibite o birra adesso sono formate da soli due pezzi: il corpo ed il coperchio e si chiamano imbutite.