
Prima di tutto, è d’obbligo una presentazione: mi chiamo Daniele, sono del ’79 e vivo a San Lazzaro di Savena, in Emilia-Romagna. Coltivo molti hobby, tra cui l’homebrewing, una malattia che ho contratto ormai dieci anni fa e che non mi molla. Il mio birrificio casalingo si chiama Officina Briù, un omaggio alla terra che mi ospita, nota per il duro lavoro operaio e per le innovazioni in molti ambiti.
Mi piace scrivere, raccontare storie e conoscere persone. Grazie alla produzione casalinga, hobby molto trasversale, ho stretto legami attraverso podcast e blog a tema brassicolo. Sono una persona che non si risparmia in commenti e opinioni, ma questo non significa che io abbia sempre ragione: coltivo con ardore un costante senso di inferiorità e una grande sindrome dell’impostore, che spesso mi fa sentire inadatto e fuori luogo.
Io sono fan di tutti: parto dal presupposto che chiunque mi possa insegnare qualcosa. Ovviamente ho le mie idee, ma ho capito nel tempo che nel mondo della birra fatta in casa le verità non sono tutte scolpite nella roccia.
Ora dirò una cosa da boomer (anzi, da homebroomer!), ma le cose sono cambiate molto in questi dieci anni. Questo è un mondo in rapida evoluzione, dove anche in un paio d’anni si vedono cambiamenti radicali.
Quando ho iniziato, era il periodo del boom degli impianti BIAB, versione economica dell’All-Grain classico a tre tini. All’epoca si dava per scontato che le birre prodotte con quel metodo fossero inferiori, venivano definite “watery”, “torbide” e “meno stabili” rispetto a quelle fatte con impianti tradizionali. Oggi sappiamo che questa è una gigantesca, pantagruelica cazzata.
Nel frattempo, i sistemi All-In-One sono diventati la norma con mille varianti e accessori, mentre il metodo BIAB è quasi scomparso. Anche le materie prime sono cambiate: oggi abbiamo una varietà incredibile di lieviti, sia disidratati che liquidi o in crema. Insomma, chissà cosa sarà questo hobby tra altri dieci anni?!?
Il mio approccio alla produzione di birra
Sono anni che non cambio il mio setup, molto minimalista. Ecco qualche dettaglio:
- Faccio batch da 10-15 litri con cadenza irregolare.
- Ho un AIO da 30 litri e non faccio sparge (o, se lo faccio, lo faccio a freddo).
- Non correggo i sali dell’acqua, non per principio, semplicemente non lo faccio.
- Uso ingredienti atipici, come patate o pane raffermo.
- Sono assolutamente a favore delle birre alcool-free e ho provato a produrle con risultati altalenanti.
- Non faccio lagerizzazioni di mesi e uso i Cornelius keg come fermentatori.
- Non faccio travasi intermedi e imbottiglio in contropressione con iTap.
- Non uso lieviti liquidi o in crema e per le basse fermentazioni uso il metodo fast lager.
- Non tengo il conto preciso, ma avrò fatto tra le 150 e 200 cotte.
- Odio le blanche, preferisco le birre inglesi e vorrei passare alle lattine.
- Pulisco il krausen dai fustini con mocio Vileda e detersivo per i piatti, poi faccio cicli di rimozione con peracetico e starsan.
- In commercio ci sono birre nate da mie ricette e ogni tanto partecipo ai concorsi per homebrewer.
A marzo 2025 sono arrivato 12° nella classifica generale del Campionato MoBI 2024. Era la mia prima volta ed è stata un’esperienza che “spero di non ripetere mai più”.
Mi piace partecipare ai concorsi, anche se del feedback mi interessa il giusto: penso di essere abbastanza obiettivo nel valutare le mie birre. Partecipare ai concorsi è come giocare alla roulette russa, perché il giudizio dipende molto da chi ti capita come giuria. Alcuni giudici cercano l’effetto “wow”, altri danno voti bassi per principio, altri ancora si inventano descrittori o stili inesistenti. Bisogna accettare il risultato con stoicismo, fa parte del gioco.
Per la finale ho presentato un American Barley Wine, stile insolito e poco presente nei concorsi. La birra è piaciuta ed è passata ai tavoli finali, ma non abbastanza per scalare ulteriormente la classifica, fermandomi al 12° posto. La Altbier, invece, non ha colpito.
Per il futuro ho deciso di prendermi una pausa dai concorsi generalisti e puntare su quelli di nicchia, che stanno crescendo di numero.
Negli anni i miei gusti sono cambiati. Le birre belga non mi hanno mai fatto impazzire, le bevo raramente e le produco ancora meno. Al contrario, amo le birre inglesi e tedesche.
Un tempo adoravo le birre luppolate, ma ultimamente mi hanno un po’ stancato: trovo che siano diventate tutte molto standardizzate. In casa produco spesso birre ad alta bevibilità, destinate a durare poco sugli scaffali. Mi piace sperimentare, usare ingredienti insoliti e perfezionare stili ibridi.
Amo molto le Italian Grape Ale e le birre con le erbe, e mi è capitato di fare consulenze per birrifici commerciali. In giro ci sono un paio di mie ricette sul mercato, cosa che mi fa piacere, ma non mi sognerei mai di aprire un birrificio: preferisco pagare il mutuo continuando a riciclare byte!
Per il futuro conto di defilarmi dai social fino a sparire dai radar. Non credo che sarà una grande perdita per il movimento homebrewing italiano, anche perché ho già dato quello che potevo dare.
Mi piacerebbe vedere nuove leve, soprattutto giovani, impegnarsi nella condivisione di questo hobby. Quando ho iniziato a raccontare le mie esperienze, l’ho fatto per un bisogno personale, non perché me l’avesse chiesto qualcuno. Spero di aver contribuito alla crescita di questo movimento, in cui credo tanto.
Continuerò sicuramente a fare birra in casa: di questo hobby non sono ancora stanco e sono sempre felice di mettere in infusione malti macinati.